I Bellando Randone e il loro palazzo ormai scomparso

Foto a corredo dell'articolo del Corriere del Giorno

I Bellando Randone e il loro palazzo ormai scomparso

di Josè Minervini

in "Corriere del Giorno" di domenica 27 dicembre 2009 a p. 25.

I Bellando Randone e il loro palazzo ormai scomparso. Doveva essere trasformato in albergo, ma... (con foto inedite)

© Tutti i diritti sono riservati all'autore del testo e all'editore Corriere del Giorno

C'era una volta (e c'è stato fino a mezzo secolo fa) Palazzo Bellando Randone, un gioiello architettonico settecentesco che s'affacciava su Mar Grande, nella Città antica o Borgo antico che dir si voglia, testimonianza di quel Settecento tarentino caratterizzato da grande fervore edilizio. Nel 1957 un ingegnere edile tarentino acquistò il Palazzo per venti milioni di lire nell'intenzione di ricavarne un albergo, il Comune, però, non solo non gli concesse il permesso ma, dopo aver acquistato il prezioso Palazzo, lo fece abbattere per costruire anni dopo la palestra di una scuola. La foto che pubblichiamo, più unica che rara, è dei primi anni Cinquanta ed è di proprietà della famiglia Bellando Randone; ce l'ha concessa eccezionalmente, per amicizia, la nostra collega Maria Silvestrini Bellando Randone che custodisce questo prezioso documento di un bene culturale appartenuto alla sua famiglia e alla nostra città. Una foto per salvare un tassello di memoria storica: seppur visto di sguincio, ecco com'era Palazzo Bellando Randone cui accennava qualche giorno fa Aldo Perrone, in un suo articolo pubblicato su questa pagina. Da un libro che la mia amica Maria Silvestrini mi ha prestato, scritto da Piero Bellando Randone nel 1998 e intitolato "Pietro Randone e la famiglia Bellando", apprendiamo, tra l'altro, la storia di questo palazzo, ormai purtroppo distrutto, dove si è concretata tanta storia familiare e cittadina. La storia comincia da Pietro Randone, facoltoso commerciante d'olio e granaglie, nato a Borghetto Santo Spirito vicino a Savona nel 1809 e giunto a Taranto nel 1832, cioè all'età di ventitré anni, insieme a tante altre note famiglie genovesi quali gli Ameglio, i Guardone, i Rocca e i Maglione. Perché tanti liguri si trasferirono all'epoca nella nostra città? Perché questi ricchi imprenditori scelsero proprio Taranto per intraprendere la loro attività commerciale? La risposta ce la dà questo testo: "Possiamo allora credere che questo giovane di Borghetto aveva deciso di recarsi da solo nei luoghi di produzione per acquistare a prezzi più bassi quanto poteva poi rivendere altrove con buoni utili: quindi solo un progetto commerciale". L'anno successivo Pietro Randone, che era un bel giovane alto e autorevole, sposò la signorina Maddalena Alciatore, sedicenne, anch'ella ligure della provincia di Savona. Il Palazzo apparteneva agli Alciatore e qui Pietro visse serenamente e agiatamente con la moglie e i suoceri, ma con l'unico cruccio di non avere figli. In seguito, la vedova di don Vincenzo Alciatore, donna Maddalena Ayraldi, e cioè la suocera di Pietro Randone, donò il Palazzo al nipote Giuseppe Bellando (figlio dell'altra figlia di nome Battistina che aveva sposato un altro ligure, Felice Bellando), in occasione delle fauste nozze del nipote con la signorina Anna Ricciardi. Ovviamente i due cognomi si fusero per volontà di Pietro Randone e i discendenti di Giuseppe e Anna Bellando portarono entrambi i cognomi; così pure il grande Palazzo Alciatore, dove vissero tutti insieme, nonna, zii Randone e i due sposini Bellando, prese in seguito il nome di Bellando Randone. E' in questo avito palazzo che è vissuta, fino agli anni Cinquanta, la famiglia Bellando Randone.

Il dagherrotipo che pubblichiamo ritrae Giuseppe Bellando nel 1855, all'età di trent'anni circa: era un bell'uomo, elegante, con un volto serio e severo. Com'era Taranto in quei lontani anni dell'Ottocento? Leggiamo ciò che scrive il bisnipote di Giuseppe Bellando, Piero Bellando Randone: "Taranto era allora tutta racchiusa nell'isola... Aveva un porto ritenuto uno dei più importanti del regno, con un discreto movimento di navi, di merci e di marinai sia italiani che stranieri. La popolazione era inferiore ai 20.000 abitanti, tanti se messi a confronto con le poche migliaia di Loano e le poche centinaia di Borghetto. Aveva l'aspetto della città fortificata con un alto muro che la circondava e verso l'attuale piazza Fontana c'era la Cittadella con la torre di Raimondello Orsini e la cosiddetta Dogana Regia, ed un largo portone che guardava il ponte che menava poi sulla strada per Napoli. Le mura realizzate da Raimondo Orsini vennero poi ritenute inutili (dopo l'unità d'Italia) e pertanto demolite nel 1885; sino a quell'epoca si ergevano tutt'intorno all'isola lungo la costa presentando, però, dei varchi verso il mare, utili ai pescatori per portarsi verso i loro natanti, mentre mancavano all'altezza del fosso, ove c'era il castello e all'inizio dell'attuale Corso Vittorio Emanuele, ove quattro palazzi situati a picco sul mare le sostituivano. I palazzi erano nell'ordine quello Cordiglia, quello Randone, quello Mannarini e quello Amati..." Purtroppo Palazzo Randone non c'è più. L'importante ora è ricordare per evitare altri scempi e per tutelare ciò che rimane di antichi splendori artistici e architettonici della nostra città.

Foto a corredo dell'articolo del Corriere del Giorno