Andrea Summa

Andrea Summa

testi di Roberto Nistri e Tommaso Anzoino

Capitò un anno interessante, che divenne anche un sostantivo: il Sessantotto.

Gli studentelli universitari che facevano notte a via D’Aquino, masticando i primi bocconi della “contestazione” fra l’Università Popolare Jonica e l’edicola del vecchio Luigi Fucci, volevano crescere rapidamente e conoscere persone interessanti. Furono fortunati: dopo una certa ora in quell’edicola si potevano leggere a scrocco tutte le riviste d’avanguardia, da “Quindici” a “Linus”, e si conversava animatamente con il giornalista Antonio Rizzo, il sociologo Enzo Persichella, l’operatrice culturale Giuliana Ermacora, lo psicologo Andrea Summa. Sono stati buoni maestri e compagni, ci hanno aiutato a non deragliare nei difficili ed entusiasmanti anni Settanta e li ricordiamo presenti e partecipi in tutte le più qualificate iniziative culturali dell’ultimo Novecento tarantino. Ricordiamo soltanto la grande esperienza de “il Caffè” nei primi anni Ottanta, l’associazione che ospitò personaggi come Dacia Maraini e Dario Bellezza.


Abbiamo imparato la scienza degli addii, salutando prima Rizzo, poi Francobandiera, poi l’Ermacora, e ora salutiamo quel savio gentile che è stato Andrea Summa. L’ultima volta che sono andato a trovarlo, nella casa libreria di via Acclavio, era gravemente infermo, ma le condizioni di salute non erano all’ordine del giorno. Ci teneva a darmi l’ultimo libro al quale aveva collaborato: una raccolta di testimonianze operaie di quella che era stata la Cellula del Pci nell’Italsider. Parlammo di libri e di politica, come sempre.


La passione politica e l’amore per i libri, lo stupendo rapporto con la compagna Grazia e il figlio Giancarlo, il culto dell’amicizia. Nessuno ha mai litigato con Andrea Summa, campione di mite intransigenza. Eppure ha attraversato, come Vittorio Foa a cui tanto era affine, tutte le difficili terre della Sinistra: socialista, psiuppino, del Pdup e poi di Democrazia proletaria, militante del Pci e infine “cane sciolto”, come sempre libero esploratore dei sentieri della giustizia e della libertà. Nei tragici giorni di Piazza Fontana come del sequestro Moro, nelle assemblee era sempre quello che esprimeva l’indicazione più sensata.


Da tutti benvoluto, non ha mai chiesto (e probabilmente non gli hanno mai offerto) una sia pur piccola postazione di potere. Sulla sua intelligenza si poteva sempre fare affidamento: la diffondeva gratuitamente. Nell’ultimo dei mille impegni della sua vita si è dedicato a “Libera”, l’associazione antimafia di don Ciotti. Uomini “politici” così, non se ne trovano più in giro. Andrea Summa, il pronipote del brigante lucano Ninco Nanco, l’amico negli anni giovanili del grande Beniamino Placido, il compagno Andrea se ne è andato con laica compostezza, con il suo fascio di giornali sotto il braccio, con le lenti spesse che non nascondevano il suo sguardo sempre sorridente. Rimane ancora con noi, diversamente vivente. Ciao Andrea.


Roberto Nistri

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da: Corriere del Mezzogiorno (Puglia) - 03 feb 2011

L'intellettuale gentile che prendeva posizione a partire dalle idee

Si è svolto ieri, nella Chiesa Valdese di Taranto, il rito funebre per Andrea Summa, intellettuale e politico scomparso martedì scorso. Alla famiglia e in particolare al figlio Giancarlo le condoglianze del Corriere del Mezzogiorno.

Andrea Summa era un intellettuale di sinistra, uno di quelli che una volta venivano definiti intellettuali di sinistra e basta, cioè, come si dice, senza se e senza ma. Adesso gli intellettuali di sinistra sono tutti o col se o col ma. Probabilmente, anzi sicuramente, non è colpa loro: è colpa dei tempi, è colpa della politica che si è trasformata, irrimediabilmente, per cui è diventato indispensabile precisare la longitudine e la latitudine rispetto al meridiano di Greenwich e rispetto alla linea del partito, se c'è. Andrea Summa era lucano, ed era molto fiero di essere lucano, come i suoi amici lucani, intellettuali, poeti, giornalisti, uno su tutti Beniamino Placido, ma viveva a Taranto, lavorava a Taranto, funzionario della Regione Puglia nel settore della formazione, un settore, a quei tempi, molto chiacchierato, e sicuramente molto disagiante per uno come lui, anche se lui andava sempre per la sua strada, senza mai partecipare ai giochi e ai giochetti regional-assessorili. Ed era un intellettuale «impegnato», e non poteva non essere così: un intellettuale, a quei tempi, un intellettuale di sinistra doveva essere impegnato.

Anche adesso, ma col se e col ma. E quindi tutte le battaglie civili, a Taranto, lo vedevano sempre schierato, le battaglie «contro» soprattutto: le battaglie contro l'inquinamento, contro la nuova base navale per esempio, battaglie perdute, generalmente, cioè senza immediati o mediati risultati, ma anche battaglie «per»: battaglie per la pace, per una scuola moderna. E qui veniva fuori lo stile di Andrea Summa: mai gridato, mai irrispettoso degli altri, degli avversari politici, sempre misurato secondo illuministica ragione, tollerante insomma. Ai dibattiti televisivi di oggi lo avrebbero fatto fuori subito.

Aveva un figlio giornalista che se n'è andato in Brasile, che ha lavorato col presidente Lula e che ancora e impegnato a dirigere un'agenzia di comunicazione. E lui era molto fiero di questo figliolo, e ogni tanto, ormai in pensione, andava a trovarlo a Rio de Janeiro, ed era un'occasione per vedere, per studiare.

È stato, per il suo impegno, per la sua cultura, ma anche per la sua gentilezza, un maestro per centinaia di giovani di allora. È stato un uomo politico che non ha avuto fortuna, ma neanche l'ha cercata. I partiti, quelli della sinistra, forse ne hanno approfittato: è buono per le tavole rotonde pensavano. E lui alle tavole rotonde non mancava mai, o come relatore o come semplice ascoltatore: ma un suo intervento non mancava mai. E i suoi interventi erano sempre lucidi, convincenti o non convincenti. E molti gli dicevano alla fine: «si, ma». Queste cose ci mancano, a noi intellettuali, soprattutto a noi intellettuali di sinistra: la chiarezza delle idee e, quindi, delle posizioni: prima le idee poi le posizioni. Oggi questa sequenza si è ribaltata: le «posizioni» sono diventate più importanti delle idee. Adesso uno «si pone», magari una volta alla settimana.

Tommaso Anzoino