Donne di Taranto in prima linea contro il fascismo

Castel Maggiore (Bo): monumento alle staffette partigiane

Donne di Taranto in prima linea contro il fascismo

di Rosaria Leonardi

In: "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 7 agosto 2020

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Rosaria, Maria Luisa, Elisabetta. E ancora, Lucia e Maria. Erano donne. Abitavano a Taranto e nella provincia jonica. Ed erano antifasciste. L'antifascismo femminile ha fatto fatica ad emergere all'interno di una narrazione coniugata sempre al maschile. L'antifascista è l'operaio che scioperava, è il partigiano che imbracciava le armi sui monti e nelle valli del settentrione d'Italia è il militante politico arrestato e confinato e magari ucciso. Raramente l'antifascista é donna. Eppure, anche le donne si resero protagoniste della lotta contro il fascismo. Secondo una stima, fortemente al ribasso, dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, furono circa 35.000 le donne che combatterono nelle formazioni partigiane, 20.000 quelle che ebbero funzioni di supporto quasi 4.700 le donne arrestate e torturate dai nazifascisti, quasi 3.000 quelle deportate nei lager tedeschi e altrettante quelle giustiziate o uccise in combattimento, 1.700 le donne ferite. 5.005 sono invece le donne perseguitate per il loro antifascismo e la cui storia è conservata presso l'Archivio centrale dello Stato, tra i fascicoli del Casellario politico centrale; 298 nell'Italia meridionale e insulare; 75 in Puglia e 12 in area jonica.

Alcune di queste storie sono note perché divenute oggetto di studi, trama di romanzi famosi - l'Agnese di Renata Viganò divenne un caso letterario - oppure perché entrate a far parte della narrazione popolare - pensiamo allo sciopero del pane, organizzato dalle donne parmensi nell'ottobre del 1941, o alla resistenza civile delle donne di Napoli, durante le quattro giornate del settembre 1943. Ma chissà di quanti nomi e di quante storie non è rimasta traccia nei documenti ufficiali. E chissà quante donne meridionali, entrate nei flussi dell'emigrazione, prestarono la loro opera alla terra che le accolse.

Quello femminile fu, spesso, un antifascismo diverso. Per alcune si trattava di un antifascismo semplice, a volte ingenuo, certamente non urlato ma immerso nella propria quotidianità di mogli e madri, artigiane o lavoratrici della terra. Come quello di Lucia Coretti, casalinga di Taranto ammonita nel 1999. E come quello di Rosaria Delli Santi, che, nell'agosto del 1940, si fece 26 giorni di carcere, rischio una condanna al confino ma poi fu soltanto diffidata. Rosaria era nata a Leporano nel 1885, era analfabeta, era una contadina. Ed era antifascista. Il 2 agosto non esitò ad ammonire alcuni giovinastri che seguitavano a cantare inni fascisti e, durante il diverbio che ne scoppiò, pronunciò ingiurie rivolte al duce.

In altri casi si trattò di una vera e propria militanza. Maria Schirano, contadina di Roccaforzata, nel 1926, a 33 anni, venne denunciata al Tribunale speciale a causa della sua fede comunista. Maria Luisa Ranieri, invece, era nata nel 1900 ed risiedeva a Taranto. Aveva trovato un impiego come sarta presso il Commissariato militare della Regia marina ma era anche segretaria delle donne iscritte al partito comunista.

Nel 1925, durante una perquisizione del suo domicilio, le venne sequestrato un pacco contenente le tessere del partito. Venne licenziata e arrestata e nel dicembre del 1926 subì un'ammonizione. Ciononostante, continuò la propria militanza politica e sposò tale Loiacono Umberto, di professione muratore ma di fede comunista, anch'egli ammonito e attenzionato dalle autorità. Per tale ragione, pur scaduti i termini dell'ammonizione, Maria Luisa continuò ad essere sottoposta a sorveglianza fino al 1942.

Anche Elisabetta aveva aderito al partito comunista. Nata Alfeo ma figlia naturale di Luigi Ricciardi, classe 1902, era stata un'attivista fin dal 1919, anno in cui prese parte ai moti che si svolsero nella città di Taranto durante i mesi estivi. Faceva propaganda, raccoglieva fondi, partecipava agli scioperi e, dopo l'avvento del fascismo, venne nominata fiduciaria per la Provincia dell'organizzazione femminile comunista. La sua fede politica le procurò, il 18 novembre 1926, una condanna al confino. Lampedusa, Nuoro, Trebisacce. Gli ultimi due anni le vennero commutati in ammonizione ma, ciononostante, continuò ad essere tenuta sotto controllo.

Casalinghe, contadine, artigiane, operaie. Moglie, madri, sorelle, figlie. Donne le cui vicende, se riscoperte e narrate, contribuirebbero alla comprensione dell'antifascismo nella sua dimensione differenziata e collettiva e, soprattutto, darebbero nuova luce alla storia della lotta meridionale, pugliese e jonica contro il fascismo.

Rosaria Leonardi